
La terapia? Oggi la facciamo con l’arte!
“Sono un’arteterapeuta in formazione e a febbraio finirà il mio tirocinio, ma sono quasi sicura che la collaborazione con Ugi non terminerà; sento che è un posto che ha bisogno e sento di averne bisogno anch’io”.
Lei è Maria Mancusi, giovane arteterapeuta che ha avuto il piacere di conoscere UGI e il “Progetto Adolescenti”, nato con lo scopo di proporre ai ragazzi della struttura, attività che spaziano in tutti i campi della conoscenza della formazione e della (ri)creatività.
Ed è con lo stesso piacere che ci racconta la sua esperienza.
“Mi sono presentata a Casa Ugi quest’estate con una collega della formazione, entrambe iscritte ad Art Therapy Italiana, entrambe interessate ad attivare un tirocinio con i bambini presso la struttura. Quella mattina siamo state accolte da Domenico De Biasio - coordinatore del “Progetto Adolescenti” - che si è da subito mostrato interessato e disponibile facendoci sentire a nostro agio, mostrandoci la struttura e la “sala dei giochi” che sarebbe diventata la stanza in cui avrei condotto il laboratorio espressivo. Sapevo qualcosa di quella stanza dai racconti della mia supervisore che aveva, a sua volta, tenuto dei laboratori, ma vederla dal vivo era diverso. Era grande e aveva molti materiali e attrezzature, ma quello che più mi ha colpito è stato il sole che quel giorno illuminava la sala, e poi le grandi vetrate con vista sul Po’. Quel clima, quell’atmosfera mi hanno fatto venire voglia di inizare subito. La mia collega da lì a poco avrebbe terminato la sua formazione, e io mi sarei ritrovata a condurre l’attività da sola. Il mio laboratorio espressivo si fonda sul principio dell’arteterapia.
Questa si propone come terapia relazionale che pone l’attenzione al processo creativo e all’espressione attraverso i materiali artistici; è un intervento di sostegno a mediazione non verbale. L’arteterapia si basa sul presupposto che il “fare arte” produca benessere. Il suo obbiettivo non è la creazione di un’ opera bella, ma indirizza la sua attenzione al processo creativo, lasciando libertà di espressione ai partecipanti. In questa attività si è liberi di sperimentare, di uscire dai bordi, di fare solo macchie e non forme, di manipolare i materiali senza dover necessariamente costruire qualcosa, di sporcarsi e sporcare o semplicemente guardare senza far nulla. A settembre, periodo d’inizio del laboratorio, portai pietre, foglie, rami, ghiande e sabbia, e fu molto interessante vedere come il contatto con ciò che esposi sul tavolo rievocò dei ricordi ad alcuni dei bambini, riportandoli alle loro origini o a ciò che avrebbero voluto fare. Il laboratorio espressivo offre uno spazio creativo aperto, per cui, capita spesso che partecipino mamme, volontari o tirocinanti.
Ogni volta sul tavolo vengono esposti materiali presenti fin dall’inizio dei nostri incontri oltre a materiali nuovi; sono proprio quest’ultimi che stabiliscono una continuità del percorso laboratoriale. Ogni volta però viene inserito uno stimolo diverso ed ognuno è libero di coglierlo o meno. Tutto ciò, sempre in quella piacevole atmosfera che si crea in quelle ore, durante le quali ognuno è libero di aspettare la fine del tempo o andare via prima, arrivare dopo o rimanere lì per tutto il tempo”.
Lei è Maria Mancusi, giovane arteterapeuta che ha avuto il piacere di conoscere UGI e il “Progetto Adolescenti”, nato con lo scopo di proporre ai ragazzi della struttura, attività che spaziano in tutti i campi della conoscenza della formazione e della (ri)creatività.
Ed è con lo stesso piacere che ci racconta la sua esperienza.
“Mi sono presentata a Casa Ugi quest’estate con una collega della formazione, entrambe iscritte ad Art Therapy Italiana, entrambe interessate ad attivare un tirocinio con i bambini presso la struttura. Quella mattina siamo state accolte da Domenico De Biasio - coordinatore del “Progetto Adolescenti” - che si è da subito mostrato interessato e disponibile facendoci sentire a nostro agio, mostrandoci la struttura e la “sala dei giochi” che sarebbe diventata la stanza in cui avrei condotto il laboratorio espressivo. Sapevo qualcosa di quella stanza dai racconti della mia supervisore che aveva, a sua volta, tenuto dei laboratori, ma vederla dal vivo era diverso. Era grande e aveva molti materiali e attrezzature, ma quello che più mi ha colpito è stato il sole che quel giorno illuminava la sala, e poi le grandi vetrate con vista sul Po’. Quel clima, quell’atmosfera mi hanno fatto venire voglia di inizare subito. La mia collega da lì a poco avrebbe terminato la sua formazione, e io mi sarei ritrovata a condurre l’attività da sola. Il mio laboratorio espressivo si fonda sul principio dell’arteterapia.
Questa si propone come terapia relazionale che pone l’attenzione al processo creativo e all’espressione attraverso i materiali artistici; è un intervento di sostegno a mediazione non verbale. L’arteterapia si basa sul presupposto che il “fare arte” produca benessere. Il suo obbiettivo non è la creazione di un’ opera bella, ma indirizza la sua attenzione al processo creativo, lasciando libertà di espressione ai partecipanti. In questa attività si è liberi di sperimentare, di uscire dai bordi, di fare solo macchie e non forme, di manipolare i materiali senza dover necessariamente costruire qualcosa, di sporcarsi e sporcare o semplicemente guardare senza far nulla. A settembre, periodo d’inizio del laboratorio, portai pietre, foglie, rami, ghiande e sabbia, e fu molto interessante vedere come il contatto con ciò che esposi sul tavolo rievocò dei ricordi ad alcuni dei bambini, riportandoli alle loro origini o a ciò che avrebbero voluto fare. Il laboratorio espressivo offre uno spazio creativo aperto, per cui, capita spesso che partecipino mamme, volontari o tirocinanti.
Ogni volta sul tavolo vengono esposti materiali presenti fin dall’inizio dei nostri incontri oltre a materiali nuovi; sono proprio quest’ultimi che stabiliscono una continuità del percorso laboratoriale. Ogni volta però viene inserito uno stimolo diverso ed ognuno è libero di coglierlo o meno. Tutto ciò, sempre in quella piacevole atmosfera che si crea in quelle ore, durante le quali ognuno è libero di aspettare la fine del tempo o andare via prima, arrivare dopo o rimanere lì per tutto il tempo”.